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GLI UCCELLI E LA DURATA DELLA LORO VITA Numerose ricerche, utilizzando i dati delle ricatture di esemplari inanellati, sono state usate per scoprire quale sia l’età raggiungibile dagli uccelli e quale sia per ogni specie il tasso di mortalità annuale. I piccoli uccelli delle regioni temperate sono quelli più studiati da questo punto di vista. Nelle Cincie e nel Pettirosso solo circa il 50% degli esemplari che si riproduce un anno sopravvive fino al successivo. In specie un po’ più grosse,come merlo o storno, il tasso di sopravvivenza può salire sino al 65%. Sebbene ci siano eccezioni, gli uccelli di maggiori dimensioni vivono più a lungo, e le età maggiori sono state segnalate tra gli uccelli marini, i grossi rapaci ed i paggagalli. Si e’ scoperto infatti che alcune di queste specie hanno un tasso di sopravvivenza pari al 95%. La generalizzazione sopra fatta è valida per le specie che vivono nelle regioni temperate ma sembra comunque che ai tropici i tassi di sopravvivenza siano notevolmente superiori. La distribuzione della mortalità all’interno delle popolazioni di uccelli è differente da quella tra i mammiferi. Nei mammiferi, infatti, dopo una iniziale elevata mortalità giovanile segue un periodo durante il quale i decessi diminuiscono. Con la vecchiaia la mortalità torna ad essere elevata. Tra gli uccelli invece, dopo il periodo iniziale di elevata mortalità corrispondente alle prime settimane di vita, la mortalità rimane praticamente costante. Per questo motivo per gli uccelli è più importante conoscere la mortalità annuale piuttosto che l’età fino alla quale sopravvivono. Da questi dati si può desumere che tra le specie di piccola taglia sono pochissimi gli esemplari che arrivano a morire di vecchiaia, e che le età registrate per gli esemplari in cattività raramente possono essere trovate in natura. Attraverso le ricatture di esemplari inanellati si sono ottenute delle tabelle con età piuttosto elevate, ma va ribadito che solo una minoranza degli esemplari che formano una popolazione vive a lungo. Ad esempio se ogni anno muoiono il 50% dei Pettirossi solo un esemplare su mille può sopravvivere dieci anni. Tra gli uccelli più longevi vi sono il Chiurlo, la Berta maggiore, i Gabbiani, i galliformi ed i rapaci poiche’ alcuni esemplari di queste specie sono stati ricatturati in età comprese tra i venti ed i trent’anni. Per i più piccoli passeriformi delle regioni temperate dieci anni sono un record, anche se è stata ricatturata una rondine di quindici anni ed un tordo bottaccio di dodici anni. Nelle specie che abitano le zone temperate la mortalità estiva è elevata, quasi eguagliando quella invernale. Le energie impiegate nella riproduzione ed il rischio di essere catturati dai predatori al nido o durante la ricerca del cibo per i nidiacei compensano negativamente i vantaggi del clima più mite e della maggiore durata dell’illuminazione. In molte specie le femmine hanno tassi di sopravvivenza inferiori a quelli dei maschi, perché essendo più strettamente legate al nido corrono maggiori rischi di essere catturate dai predatori. I nidiacei hanno tassi di sopravvivenza inferiori a quelli degli adulti. Infatti poiché in condizioni normali il numero degli uccelli in una regione rimane stabile, ne segue che il numero di giovani che arriva a riprodursi deve essere uguale a quello degli adulti che muoiono. E’ dunque necessario un giovane per ogni coppia per sostituire i morti. Ad esempio le Cinciarelle possono allevare una decina di nidiacei ma sembra evidente che solo uno di essi potrà vivere fino alla successiva primavera per riprodursi. Lo studio delle ricatture ha confermato questi calcoli teorici.
AVERLA PICCOLA Maschio. Foto W.Sassi Ad esempio tra le Cinciallegre, che hanno un tasso di sopravvivenza degli adulti pari a 50% e che producono cinque o sei giovani per coppia, la sopravvivenza nel primo anno di vita è solo del 17% (mortalità dell’83%). Negli uccelli di maggiori dimensioni la mortalità dei giovani è inferiore, ma sempre in percentuale elevata. Molte specie di grosse dimensioni hanno un periodo di immaturità durante il quale non sono in grado di riprodursi che dura diversi anni. Anche in queste specie la mortalità è massima nel primo anno di vita, ma resta comunque superiore a quella degli adulti per tutta la durata del periodo di immaturità. La mortalità è elevata tra i nidiacei ma in molte specie resta alta anche nei primi periodi dopo l’involo e dopo lo svezzamento, quando i giovani uccelli sono costretti ad imparare a cavarsela da soli. La ricerca e lo studio sulla longevita’ negli uccelli ha implicazioni molto importanti per capire la dinamica delle popolazioni e deve essere considerata negli interventi di gestione faunistica. Dicembre 2006 W.S.
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